C’era una volta Andreotti Ritratto di un uomo, di un’epoca e di un Paese
Massimo FrancoÈ sopravvissuto a due guerre mondiali, sette papi, la monarchia, il
fascismo, la Prima Repubblica e la Seconda. E a sei processi per mafia e
omicidio. Giulio Andreotti è stato un esemplare unico del potere in
Italia per longevità, sopravvivenza agli scandali, dimestichezza con
gli apparati dello Stato e del Vaticano, consuetudine con le classi
dirigenti mondiali del passato. È stato unico perfino nell’aspetto
fisico, che ha nutrito generazioni di vignettisti. A cento anni dalla
nascita, il 14 gennaio del 1919, ripercorrere la sua vita e la sua epoca
significa fare i conti con la distanza siderale tra la sua Italia e
quella di oggi. Dopo essere stato incombente per mezzo secolo come uomo
di governo e come enigma dell’Italia democristiana, Andreotti non c’è
più. E non solo perché è morto, il 6 maggio del 2013. Non esistono più
la sua politica, la sua cultura, il suo Vaticano. Rimane solo l’eco
lontana e controversa del «processo del secolo», che doveva chiarire le
sue responsabilità e che invece si è concluso nel modo più